martedì 11 ottobre 2016

Una trappola malefica

Poco più di un mese fa la Corte d’Appello di Roma ha rigettato, con sentenza, il ricorso di Berlusconi contro il quotidiano La Repubblica per le “10 domande 10” che il giornale formulò a proposito degli scandali a sfondo sessuale che coinvolgevano il signore di Arcore.
È significativo che motivando il rigetto i giudici abbiano affermato che “in presenza dell’interesse pubblico alla conoscenza di determinati fatti è lecito, anzi doveroso, che un giornalista rivolga domande e pubblichi notizie”.
Come rimpiango quei tempi in cui nel nostro Paese c’erano ancora giornalisti liberi, non timorosi di rivolgere domande anche scomode perfino ad un capo del governo !
Oggi invece, dopo poco più di 2700 giorni dalla pubblicazione su La Repubblica di quelle 10 domande, avverto la amara sensazione che i giornalisti, almeno gran parte di loro, si siano appisolati sui cuscini del servilismo.
Mi sembra, cioè, che abbiano smarrita la facoltà “lecita, anzi doverosa” di porre domande al potente di turno, e preferiscano pendere condiscendenti dalle sue labbra.
Sarà solo una mia impressione ma oggi, come non mai, al presidente del consiglio ed ai suoi ministri mi sembra che sia concesso di dire pubblicamente qualsiasi cosa, falsità e panzane comprese, senza che un giornalista, almeno uno, si svegli dal torpore che spegne il suo cervello ed azzardi almeno una domanda.
In questi giorni, ad esempio, mi piacerebbe essere rassicurato da un vero giornalista che, senza vincoli di partito, dimostri di essere così libero da porre in primis al presidente del consiglio, ed eventualmente come riserva al ministro Boschi, alcune domande che crucciano me, ma credo anche un certo numero di italiani chiamati ad esprimere un voto, il 4 dicembre, sulla riforma costituzionale.
Sono talmente ansioso di avere delle risposte che mi permetto persino di suggerire una dozzina di domande.
1.     Una riforma costituzionale approvata dal Parlamento grazie solo al reiterato ricorso a voti di fiducia in totale spregio delle opposizioni, non è di per sé già un atto antidemocratico ? 
2.     Premesso il primo punto mi piacerebbe comunque sapere, ad esempio: se l’Art. 70 della riforma prescrive che “Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato” che può “deliberare proposte di modificazione del testo” perché i referendari asseriscono che la riforma sopprimerebbe la navetta delle leggi tra le due camere ?
3.     Attribuire il potere assoluto ed esclusivo di legiferare ad una sola Camera composta, grazie all’Italicum, dal 54% di deputati, nominati e scelti dal capo del governo, non è la premessa per una deriva autoritaria ?
4.     Al di là del giudizio di costituzionalità che compete alla Consulta, dopo aver abolito il Senato elettivo a chi compete il compito di emendare eventuali errori, omissioni, lacune delle leggi approvate dalla sola Camera dei deputati ?
5.     È accettabile e democraticamente corretto che il presunto “statuto delle opposizioni”, previsto dall’Art. 64, riscritto dalla riforma, sia definito ed approvato dalla Camera dei deputati la cui maggioranza del 54% è asservita al capo del governo ? 
6.     Perché la riformista Maria Elena Boschi si ostina nell’asserire che la riforma produrrà 500 milioni di risparmi quando la Ragioneria dello Stato ha quantificato in 8,7 milioni il risparmio per la cancellazione del CNEL ed in 49 milioni quello relativo alla eliminazione dei 315 senatori eletti “a suffragio universale e diretto dagli elettori”? Forse che il ministro riformista non sappia neppure far di conto ?
7.     Che senso ha la costituzione del tanto celebrato Senato delle Autonomie se poi l’Art. 117 modificato dispone che il governo, a suo insindacabile giudizio, avvalendosi della clausola di supremazia possa avocare a sé e legiferare su materie di competenza delle autonomie locali ?
8.     Se il nuovo Art. 57, comma 2, della riforma dispone che i futuribili  senatori part-time siano eletti dai Consigli regionali e dai Consigli delle Province autonome non è abusivo ed incostituzionale definirli parlamentari, dal momento che gli Art. 56 e 58 della Costituzione, quella autentica ed in vigore, riconoscono come parlamentare solo chi sia eletto “a suffragio universale e diretto dagli elettori” ?
9.     Se i senatori part-time non sono parlamentari perché concedere loro il beneficio della immunità parlamentare ?
10.   La ingiustificata ed arbitraria immunità proteggerebbe i senatori part-time, sindaci e consiglieri regionali, anche se fossero indiziati, come amministratori locali, di corruzione, malaffare, abuso d’ufficio, collusione con la criminalità, etc. ?
11.   Quando l’Art. 71, modificato dalla riforma, eleva da 50.000 a 150.000, cioè di tre volte, il quorum di firme necessarie per la presentazione delle proposte di legge di iniziativa popolare, ha lo scopo di frapporre ostacoli alla partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, tanto per non disturbare l’uomo solo al comando ?
12.   Quando il nuovo Art. 75 della riforma aumenta da 500.000 ad 800.000 il quorum di firme necessarie, per proporre referendum popolari, l’obiettivo è ancora quello di rendere più difficoltosa la partecipazione dei cittadini alla vita democratica ?
Per concludere mi domando: senza plausibili e dettagliate risposte a queste, come ad altre domande provocate dalle troppe perplessità che genera questa riforma, come potrebbe un elettore, sano di mente e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, recarsi alle urne il 4 dicembre e votare “SI” ? 

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