domenica 29 novembre 2015

Poletti, meglio se parroco di campagna

Non so perché ma ogni volta che mi capita di vedere in TV Giuliano Poletti, non posso fare a meno di immaginarmelo con indosso un consunto abito talare, circondato da anziani parrocchiani in una sperduta chiesetta delle valli di Comacchio.
Invece, purtroppo per noi, lui è nientepopodimeno che il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali dell’attuale governo.
Nulla di scandaloso, sennonché negli ultimi tempi per non essere da meno del suo boss Renzi, l’indefesso battutista, anche Poletti ha deciso di cimentarsi nel fare battute su temi sociali e del lavoro, temi però che ignora o, quantomeno, conosce solo per sentito dire.
Basta scorrere il suo curriculum, infatti, per apprendere che una volta conseguito il diploma di perito agrario il suo percorso professionale si è concretizzato soltanto attraverso incarichi di amministratore comunale e provinciale, fino a presiedere, per evidenti meriti politici, la Legacoop di Emilia e Romagna.
Insomma non è fuori luogo affermare che la poltrona di Ministro del Lavoro sia occupata oggi da un signore che non ha lavorato neppure un’ora in una fabbrica o in un ufficio, e che non avendo mai vissuto lo status di dipendente di una impresa, manifatturiera o del terziario, ne ignora le problematiche.
Con queste premesse è facile comprendere come mai il Ministro Poletti inciampi troppo spesso in divagazioni senza senso ed inspiegabili.
Così nei giorni scorsi si è rivolto ai giovani, universitari di oggi e di domani, suggerendo: “Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21 anni. Così un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare”.
È chiaro, in primo luogo, che Poletti ignori che, oltre alle cosiddette lauree brevi, ci siano corsi di laurea di durata maggiore che prevedono anche anni di specializzazione per poter accedere alla professione.
Non solo, ma come non sorridere alle parole “dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare”.
Poletti sembra essere all’oscuro che, secondo ISTAT, il tasso di disoccupazione giovanile, riferito a giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni, superi il 44%.
Cioè, proprio la fascia di età in cui rientrerebbero quei giovani che si sono laureati a 21 anni, con qualsiasi voto, per “arrivare”.
Ma arrivare dove ?
Possibile che al Ministro del Lavoro sfugga che i giovani ci sono e sono impazienti di lavorare ma è il lavoro che non c’è ?
Pur di sorprenderci con un’altra delle sue amenità il battutista Poletti, dopo aver spronati i giovani con le sue perle di saggezza, ha cambiato argomento ed ha affermato: “Dovremmo immaginare contratti che non abbiano come riferimento l’ora-lavoro”.
E qui la sua incompetenza, del mondo del lavoro e delle variegate esigenze che lo attraversano, viene a galla in modo macroscopico.
Probabilmente, ospite di qualche convegno, Poletti, tra una dormitina e l’altra, deve aver captato che i convenuti stavano parlando di una attività, a lui sconosciuta: il cosiddetto “telelavoro” che, in effetti, non può essere misurato con il parametro “ora-lavoro”.
Il pacioso parroco di campagna che intravedo in Poletti, prima di sparare cavolate si sarebbe umilmente informato su cosa sia il “telelavoro”.
Invece no, lui è il Ministro del Lavoro e perdindirindina perché non approfittarne per buttar lì un’altra corbelleria ?
Il guaio è che Poletti, così estraneo al mondo delle imprese e del lavoro, ignora, ad esempio, che la “ora-lavoro” è indispensabile, prima di tutto, per organizzare le attività di una fabbrica o di un supermarket.
Da ciò consegue (NdR: ma forse lui non lo sa) che i lavoratori occupati prestano la loro opera in funzione di una organizzazione che prevede turni di lavoro, orari di apertura dei punti vendita, durate di accesso ai servizi, etc..
Diverso sarebbe stato se Poletti avesse affermato che i contratti dovrebbero prevedere retribuzioni più articolate e premianti per “ora-lavoro” in funzione dei diversi comparti e delle loro tipicità.
Ma tant’è, sarebbe troppo pretendere questo da un Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del governo Renzi. 

sabato 28 novembre 2015

Bufale per l’albero di Natale

Ho il sospetto che nei sotterranei di Palazzo Chigi ci siano due aule universitarie.
In un’aula, frequentata da premier e ministri, si rilasciano lauree in ciarlataneria con master in turlupinatura.
Nell’altra aula, riservata a giornalisti e commentatori politici, si conferiscono lauree in servilismo con master in lecchinismo.
Chi non è in possesso di una di queste lauree con relativi master, infatti, non ha libero accesso né ai palazzi del potere né al soporifero salotto di “Porta a porta”.
Bruno Vespa, ad esempio, per confermare la sua cortigianeria è solito concordare con gli ospiti più importanti quali giornalisti di loro gradimento, ovviamente con master in lecchinismo, possano accedere al salotto.
Non è, però, su “Porta a porta” e sui suoi garbugli che desidero soffermarmi oggi.
Mi sembra più interessante e sollazzante, invece, dedicare un po’ di attenzione alle ultime ciarlatanate che, in questi giorni, Matteo Renzi ha dedicate ai soliti gonzi che pendono dalle sue labbra.
I media di regime, nessuno escluso, hanno dedicato ampio spazio a celebrare le generose provvidenze che il premier ha annunciato a favore dei giovani diciottenni e dei poliziotti.
Renzi, infatti, con nonchalance ha dichiarato che al compimento del loro diciottesimo anno di età a tutti i giovani sarà elargito, una tantum, un “bonus cultura” di 500 euro.
Mentre ai poliziotti, Renzi dixit, sarà erogato quel bonus Irpef mensile di 80 euro già concesso dal maggio 2014 ai lavoratori dipendenti ed assimilati.
Sorpresa ed ovvia esultanza per i milioni di italiani, destinatari di questa inattesa strenna natalizia.
Per curiosità ho cercato, a dritta e a manca, di capire da quale mese i poliziotti, insieme allo stipendio, avrebbero ricevuto il bonus di 80 euro, e da quale giorno il compimento del diciottesimo anno di età sarebbe stato festeggiato con i 500 euro del “bonus cultura”.
Mistero ! Nessun media accenna alla decorrenza !
Possibile che radio, TV e stampa, senza distinzioni, nel commentare compiaciuti le parole di Renzi si siano dimenticati di far sapere agli interessati da quando avrebbero goduto dei benefici promessi ?
Incredibile ma vero, i media non ne parlano !
Sennonché ho scoperto in un trafiletto di quarta pagina che il Ministro Padoan, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha precisato che il bonus sia per i poliziotti che per i diciottenni non è nell’agenda del governo e che, comunque, se ne potrà riparlare, eventualmente come ipotesi, solo nella primavera 2016 qualora l’UE concedesse la flessibilità dei conti che l’Italia ha già richiesta ma per destinarla ad altri capitoli di spesa.
Insomma, carissimi poliziotti e diciottenni … “campa cavallo che l’erba cresce” !
Ovverosia, abbiamo ancora una conferma che il premier Renzi ha conseguita la laurea in ciarlataneria con 110 e lode, e che giornalisti e commentatori politici hanno seguite con profitto le lezioni di spudorato lecchinismo.
Morale: solo bufale per decorare l’albero di Natale di alcuni milioni di italiani.

giovedì 26 novembre 2015

17 secondi per rischiare un conflitto ?

Uno Stato membro della Alleanza Atlantica, la Turchia governata da Recep Tayyip Erdoğan, un despota ritenuto “democratico” dal occidente, ha abbattuto in tempo di pace un caccia russo con il pretesto che avrebbe violato lo spazio aereo.
Mi domando: perché l’abbattimento intenzionale di un aereo (NdR: ad esempio il jet russo saltato in aria sul Sinai) se fatto da Isis è atto terroristico, mentre se compiuto dalla Turchia riscuote solidarietà ed approvazione del Pentagono ?
Che USA e gli scodinzolanti governi europei si turino il naso per considerare loro sodale il despota Erdoğan è un dato di fatto assodato.
Che, però, Obama ed i governanti europei non si rendano conto che questo atto inconsulto, voluto da Erdoğan, costituisca una palese azione di guerra nei confronti della Russia, è da insensati e da irresponsabili.
Dato e non concesso che il caccia russo abbia violato lo spazio aereo turco, il suo abbattimento era l’unica opzione possibile ?
Oppure Erdoğan ha solo portata a termine una missione che qualcuno gli aveva affidata (NdR: il Pentagono (???)), cioè provocare un incidente per infliggere una punizione a Putin, reo di sostenere militarmente Assad nella lotta contro i ribelli siriani, finanziati ed armati dagli USA, e contro il sedicente Califfato ?
Certamente io sono troppo ignorante per comprendere le ragioni politiche di quello che sta accadendo, però da uomo della strada assisto agli avvenimenti e mi incazzo al pensiero che le popolazioni civili debbano subire le conseguenze di scelte che, fottendosene di loro, qualche imbesuito capoccione politico adotta perseguendo interessi inconfessabili.
A chi giova, in questo momento, inasprire le relazioni con Putin ?
Non credo, infatti, che la Russia incasserà il colpo senza reagire, soprattutto perché dalla sua ci sarebbe anche la scusante di dover vendicare la morte di due piloti, mitragliati dagli insorti siriani dopo essersi lanciati con il paracadute.
Di certo Putin è troppo astuto per vendicarsi abbattendo un aereo turco.
E' più probabile, invece, che colga l’occasione per rinsaldare la presenza della Russia nella regione, potenziando l’intervento militare russo in Siria anche con truppe di terra per cacciare oltre confine i ribelli siriani ed i jihadisti, in modo da spingerli verso est ad occupare territori iracheni e turchi.
L’obiettivo potrebbe essere quello di liberare la Siria da ribelli e tagliagole e di rifilarli da un lato ai turchi e dall’altro agli americani presenti in Iraq.
In Iraq è presente, però, anche un contingente italiano che, per non dire di no ad Obama, lo scodinzolante Renzi ha deciso di mantenere e potenziare.
Così l’Italia, che fino ad oggi ha adottato un atteggiamento pilatesco, si troverebbe in prima linea a fronteggiare con i suoi militari i tagliagole del Califfato.
Uno scenario inquietante, da quel momento l’Italia potrebbe trovarsi al posto della Francia e diventare l'obiettivo preferito del terrorismo islamista. 
C'è solo da augurarsi che una spia si accenda nei cervelli ottenebrati dei nostri governanti per impedire che ciò accada.
Spero anche che il tremebondo Matteo Renzi tiri fuori gli attributi per dissociarsi dalle parole insensate di Obama che, per giustificare lo abbattimento del caccia russo, ha dichiarato: “Ankara ha diritto a difendersi”.
Ma Mr. Obama, a difendersi da chi ? 
Da un aereo che, secondo un comunicato ufficiale di Ankara, avrebbe violato lo spazio aereo turco per la durata di soli 17 secondi?
Suvvia Mr. Obama, per favore provi a contare almeno fino a 1000 prima di scivolare in dichiarazioni così avventate ed assurde !

domenica 22 novembre 2015

Colpirne 100 per educarne 1 ?

Scoloritasi la paura ed attenuato il ricordo di quel 11 settembre 2001, ci avevano fatto credere che il terrorismo fosse stato debellato.
Infatti, per l’egoismo imperante rifiutavamo di vedere, o perlomeno ci mostravamo indifferenti di fronte agli eccidi e agli atti terroristici che hanno continuato a macchiare di sangue molte aree del pianeta.
Inoltre, per ipocrisia abbiamo continuato ad etichettare come atti terroristici solo quelli che colpivano noi occidentali e non quelli che noi occidentali commettevamo ai danni di altre popolazioni.
Mi sono sempre domandato, ad esempio, se è moralmente onesto giustificare come una banale azione di guerra e non condannare, invece, come atto terroristico le bombe “intelligenti” scagliate su un mercato iracheno, gremito di donne, bambini ed anziani, oppure su un corteo nuziale afgano.
Lo stesso dubbio che mi cruccia di fronte agli indiscriminati scempi compiuti dagli israeliani sulla popolazione civile palestinese come reazione agli attentati commessi dai seguaci di al-Fatah.
Ricordo che negli anni ‘70 ed ‘80 i terroristi di casa nostra, brigatisti rossi e neri, latravano una loro parola d'ordine “colpirne uno per educarne cento”.
La sensazione che ho da qualche tempo è che per debellare il terrorismo, dalla “seconda Guerra del Golfo” in poi, noi occidentali abbiamo adottata una strategia del tutto rovesciata rispetto a quella dei brigatisti nostrani.
Nel senso che la logica con cui si vorrebbe combattere il terrorismo sia quella di “colpirne cento per educarne uno”, come dimostrano, ad esempio, i raid aerei americani, francesi & Co, su Siria ed Iraq.  
Nei territori siriani ed iracheni occupati dall’Isis, infatti, non vivono solo jihadisti e tagliagole ma anche la popolazione civile che non è ancora riuscita a fuggire dalle grinfie del Califfato.
Uomini, donne, bambini, anziani, vittime innocenti di grappoli di bombe che, nelle intenzioni, dovrebbero debellare il terrorismo.
Grappoli di bombe, tra l’altro, che, con il pretesto della guerra al Califfato, la Russia lancia sulle zone occupate dagli oppositori di Assad, e la Turchia usa per colpire i combattenti curdi del PKK, il movimento politico che avversa il presidente Erdoğan.
Per questo, nella mia ignoranza di persona comune mi domando: questo mietere vittime soprattutto tra i civili non può esacerbare gli animi e fomentare l’odio verso l’occidente in generale e  l’Europa in particolare, creando così terreno fertile per la propaganda dei jihadisti ?
Non solo ma come non rimanere allibiti e sgomenti dopo che Putin, nel recente G20 svoltosi ad Antalya, ha denunziato senza giri di parole, e quel che è ancora più grave senza che nessuno lo abbia smentito, che a quel tavolo erano presenti anche Paesi che finanziano ed armano Isis.
In breve mi sono detto: se tra i Capi di stato e di governo, riuniti ad Antalya per decidere come combattere il terrorismo, c’erano anche quelli che il terrorismo lo armano e lo finanziano, quel G20 è stata una ignobile presa per il culo delle vittime del terrore e di noi tutti. 

lunedì 16 novembre 2015

Solidarietà al popolo francese, ma …

Semplicemente infame e ripugnante.
Non saprei come definire diversamente l’indegno sciacallaggio che individui irresponsabili, come Matteo Salvini, Daniela Santanchè e Maurizio Gasparri, hanno messo in atto già nei minuti immediatamente successivi al dramma degli attacchi terroristici a Parigi.
Di fronte a decine di vittime ed a centinaia di feriti il solo ed unico pensiero di questi inqualificabili personaggi è stato quello di speculare sulla tragedia parigina, dichiarazioni e tweet con lo squallido proposito di infiammare gli animi di altri spregevoli soggetti o, forse, solo per becero protagonismo.
Se per qualche istante avessero meditato sulle responsabilità della loro parte politica, nell’originare e mantenere le condizioni perché questi scellerati eventi accadano, si sarebbero evitata questa figuraccia da avvoltoi.
E figuracce altrettanto repellenti se le potevano evitare anche i dozzinali giornalucoli ed imbrattacarte a loro vicini.
Desidererei, però, partire proprio dalle idiozie dette e scritte da questi individui per fare qualche considerazione da cittadino che considera deprecabili e vigliacchi gli attentati terroristici di Parigi così come lo era stato quello avvenuto a Beirut due giorni prima.
L’atto terroristico, chiunque lo faccia, dovunque avvenga e chiunque ne sia vittima, è una bestiale vigliaccata che non può avere nessuna giustificazione e che dovrebbe turbare sempre le coscienze di tutti gli esseri umani che abitano i cinque continenti.
Noi occidentali, invece, rimaniamo sconvolti, ci commuoviamo ed insorgiamo solo quando il terrorismo agisce e colpisce in casa nostra.
Credo che ciò accada soprattutto perché l’occidente è  impregnato di ipocrisia.
L’occidente è ipocrita quando ha la spocchia di stabilire chi sia un dittatore e chi no, quali dittatori vadano combattuti ed eliminati ed a quali, invece, accordare amicizia e favori.
È ipocrita quando si arroga il diritto di esportare, con le bombe ed i carri armati, il suo modello di democrazia in quei paesi che intende conquistare per interessi economici o politici.
È ipocrita quando fa spallucce di fronte al dramma della Palestina, quando finge da decenni di non vedere che in quella guerra tra Davide e Golia, per reazione agli atti di terrorismo palestinese continuano a morire, sotto le bombe israeliane, migliaia di bambini, donne ed anziani.
È ipocrita quando, con i suoi interventi di aggressione militare mette a soqquadro intere aree del pianeta, ne turba gli equilibri, provoca condizioni di insicurezza e di indigenza per le popolazioni, salvo poi dimostrare la incapacità a ridare la pace a quei popoli.
Etc. etc. etc. !
La responsabilità di tanta ipocrisia è sicuramente degli Stati Uniti, ma anche di quegli striscianti governanti europei che assecondano, sempre e senza fiatare, le risoluzione degli USA.
La storia degli ultimi quindici anni è testimone che, da George Bush in poi, l’occidente è stato agente inquinante della pace e della sicurezza in molte aree del pianeta, non solo mediorientali.
Sincera solidarietà, perciò, al popolo francese ma …

sabato 14 novembre 2015

Un nodo al fazzoletto di Renzi

È probabile che gli stravizi dei bunga bunga abbiano lasciato come strascico una confusione mentale permanente.
È possibile, invece, che la perdita della capacità di collegare tra loro parole, date ed eventi sia niente altro che un disturbo irreversibile provocato dalla senilità.
Fatto sta che, ospite nello stucchevole salotto del servile Bruno Vespa, Berlusconi ha dette cose a dir poco inquietanti.
È ritornato a dissertare, ad esempio, del “patto del Nazareno” rivelando che tra gli accordi ci sarebbe stato l’impegno di Renzi a modificare la Legge Severino per ridargli l’agibilità politica dopo la condanna.
Poiché Renzi, però, “ha mancato di rispetto alla parola data”, secondo Berlusconi il “patto del Nazareno” è stato fatto a pezzi.
Una nuova versione che dovrebbe sorprendere noi comuni mortali ai quali, fino ad oggi, Berlusconi ed i suoi scagnozzi avevano narrato che a rompere il “patto” fosse stata la elezione di Mattarella a Capo dello Stato, decisa da Renzi senza un accordo con Forza Italia.
Boh ! Quale sarà la verità ?
Siamo forse di fronte a verità che ci possono essere svelate solo a spizzichi e bocconi ?
Personalmente non ho mai creduto che il “patto del Nazareno” fosse il semplice accordo per fare insieme le riforme, come volevano darcela a bere i due compari.
Era da allocchi, infatti, credere che due affaristi, marpioni e senza scrupoli, come Berlusconi e Renzi, si fossero incontrati al Nazareno, in quel freddo sabato del gennaio 2014, per parlare solo di riforme.
D’altra parte, nelle settimane successive, sotto gli occhi di tutti Berlusconi si era sfacciatamente adoperato per far sì che Renzi defenestrasse Enrico Letta e scalasse Palazzo Chigi.
E' lapalissiano, infatti, che solo dopo essere diventato premier Renzi avrebbe potuto, magari con un DL ad personam, modificare la Legge Severino per ridare la agibilità politica al suo compare pregiudicato.
Oggi, però, la domanda da porsi è: come mai Berlusconi, dopo aver continuato per mesi con la panzana della elezione di Mattarella, solo ora abbia deciso di svelare questo primo e parziale arcano del Nazareno ?
È probabile che dopo aver visto Renzi attuare uno dopo l’altro gli accordi segreti del Nazareno, dalla eliminazione delle tasse sulla casa allo stop dell’asta per le frequenze TV, dal aumento della soglia nell’uso del contante fino al ripescaggio del ponte sullo stretto, Berlusconi si sia sentito preso in giro e perciò si sia incazzato.
“Ma come, sta facendo tutto ciò che avevamo pattuito al Nazareno tranne l’unica cosa che a me interessava sul serio: la modifica delle Legge Severino ?” si sarà detto fra sé e sé, a voce alta perché sentissero anche gli ultimi tirapiedi che ancora gli sono vicini.
E così, affinché a Renzi giungesse un inquietante ma velato avvertimento, il perfido Berlusconi, fingendo di inciampare in un lapsus, prontamente rilevato da Vespa, ha assestato il suo minaccioso “tu sai che io so”.
Ad un certo punto del suo soliloquio, infatti, Berlusconi riferendosi al futuro del centrodestra ha detto che tutti saranno i benvenuti con i loro contributi ed ha precisato “… la grinta  la porterà Matteo Renzi, la determinazione la porterà Giorgia Meloni ed io porterò la mia esperienza”.
Con questo lapsus, costruito ad arte, ha messo in guardia Renzi, ma ha fornito l’indizio per individuare un altro dei patti segreti.
Il riferimento potrebbe essere all’impegno, assunto al Nazareno in vista delle elezioni politiche del 2018, di dar vita al “Partito della Nazione” nel quale dovrebbero confluire Renzi con i suoi scagnozzi, dopo aver smantellato il PD, insieme ai berlusconiani DOC, e perché no anche agli alfaniani ed ai gregari della Meloni.
Una strategia nata dal bisogno di mettere in campo una forza politica che sia in grado di sconfiggere il M5S e, nel contempo, di relegare ai margini sia la Lega che i movimenti di sinistra.
Prima di uscire allo scoperto, però, Renzi ha bisogno di tempo per sbarazzarsi del PD, ed in attesa Berlusconi non ha voluto perdere l’occasione per fargli un nodo al fazzoletto.

giovedì 12 novembre 2015

Politica da bagaglino !

Quasi certamente chi era domenica in Piazza Maggiore a Bologna non lo ha notato, eppure c’era anche lui, Renato Brunetta.
Il meschinello, infatti, indaffarato a scalare uno sgabello cercava di sbirciare quello che accadeva sul palco.
Purtroppo, e non credo per colpa dello sgabello troppo basso, Brunetta non ha capito nulla di ciò che stava avvenendo sul palco.
Solo così, infatti, si può comprendere come mai abbia avuto l’ardire di dichiarare, il giorno dopo: “Berlusconi continua ad essere il leader del centrodestra perché ha la forza e la generosità di unire. A Bologna questo è avvenuto”.
Parole talmente insensate, così in contrasto con quanto palesatosi sul palco di Bologna, da suscitare solo la commiserazione per quel individuo che si ostina a negare la realtà.
Nessuno, innanzitutto, deve aver informato Brunetta che quella manifestazione era stata promossa ed organizzata dalla Lega e che Berlusconi era stato ammesso sul palco come ospite neppure graditissimo.
Infatti, appena Berlusconi si è appropriato del microfono per ripetere la solita tiritera su toghe rosse, processi ad orologeria, complotti, etc. etc., i leghisti hanno incominciato a rumoreggiare, per poi fischiarlo, fino ad invocare in coro “Matteo … Matteo” perché interrompesse quella lagna (NdR: ovviamente il Matteo era Salvini e non Renzi).
Probabilmente proprio in quei momenti Brunetta doveva essersi assopito se non si è reso conto di quello che avveniva intorno a lui.
Con buona pace di Brunetta, quindi, Berlusconi non sarà il leader di questo centrodestra come ha fatto capire a chiare lettere Salvini che, nella sua smisurata immodestia, è già convinto di avere saldamente in mano la leadership.
Azzerate le allucinazioni brunettiane, mi sembra che non possa essere sfuggita, ai più, neppure la imbarazzante ipocrisia che svolazzava sul palco di Bologna, dove individui, così diversi tra loro da non condividere né obiettivi né programmi, si sono mostrati accomunati solo dalla fregola di cacciare Renzi per prenderne il posto.
La ipotesi che, se uniti, possa essere più facile sconfiggere Renzi era il vero ed unico collante che teneva insieme in Piazza Maggiore Salvini, Meloni e Berlusconi.
Tre individui che, in passato, non si erano risparmiate reciproche stroncature ed invettive.
Un esempio ?
Curiosando, in Facebook, tra i post del diario di Matteo Salvini, chiunque può verificare ciò che pensava e scriveva il segretario leghista:
-      16 luglio 2012: “Nessun leghista è disposto a puntare ancora su un’alleanza con Berlusconi. No a possibili assi tra Carroccio e Cavaliere. La nostra gente non ne vuole sapere di un ritorno in campo di Silvio Berlusconi.”
-      1 agosto 2013: “Berlusconi CONDANNATO a 4 anni. Adesso sono curioso di sentire come faranno i Kompagni del PD, sia in Parlamento che su Facebook, a giustificare il fatto che sono al governo con un Condannato…”
Oggi, invece, sono io curioso di vedere con quali e quante balle Matteo Salvini riuscirà a turlupinare i leghisti per giustificare la presenza del “CONDANNATO” Silvio Berlusconi sul palco della Lega a Bologna.

lunedì 9 novembre 2015

#vecchioscarpone a Bologna

Ammetto di avere molte pecche, però non ho mai nutrita simpatia per Berlusconi.
Negli anni ’80, ad esempio, sostenevo che senza la protezione e l’appoggio di Bettino Craxi, e di altri padrini, l’imprenditore Berlusconi, megalomane ed avventato, sarebbe andato a rotoli.
Quando agli inizi degli anni ’90, colto da panico per aver persa la protezione del suo padrino Craxi, Berlusconi decise, con la regia di Marcello Dell’Utri, di “scendere in campo” come politico-imprenditore, non credetti di certo che lo facesse “per amore dell’Italia”.
Ma tant’è, troppi italiani sono facili a prendere la cotta per il primo ciarlatano che prometta loro la cuccagna senza fatica, salvo poi voltargli le spalle quando oramai si trovino con il culo per terra.
Era già successo, decenni prima, con Mussolini ed il fascismo.
Ciò premesso, oggi nel vedere Berlusconi miseramente ospite, a Bologna, sul palco della Lega, la mia disistima per lui ha avuto un sussulto di pietà.
Come non provare compassione, infatti, per quel imbonitore che, abituato a gongolare per le folle di allocchi che lo osannavano, pur di non sentirsi relegato fuori dalla scena politica si è dato in pasto, con una penosa comparsata, ad individui che lo hanno sempre detestato e che, anche oggi, non gli hanno nascosto il loro fastidio per le sue trite e ritrite litanie.
La verità è che Berlusconi, come una vecchia baldracca che non vuole darsi pace per non essere più corteggiata e desiderata, non si rassegna ad essere oramai spacciato come ciarlatano e come politico, nonostante il suo figlio putativo, Matteo Renzi, abbia fatto di tutto per riesumarlo.
Penso che se il raduno della Lega si fosse svolto a Roma, invece che a Bologna, dagli astanti si sarebbe levato il coro “Aoh ! vatte a ripone !”  

sabato 7 novembre 2015

Un machiavellico da Rignano sull’Arno

Solo agli sprovveduti elettori del PD, ed ai loro intorpiditi rappresentanti in Parlamento, è sfuggito che il loro partito sia stato spinto sul viale del tramonto fin dal 18 gennaio 2014.
Quando, in quel freddo sabato di gennaio, Matteo Renzi ha invitato al Nazareno, per l’ora del tè, il già pregiudicato signore di Arcore, all’ordine del giorno più che il patto per le riforme, da dare in pasto a media creduloni e di regime, c’era la road map per demolire a poco a poco il partito democratico fino alla sua definitiva putrefazione.
La messinscena del patto del Nazareno serviva solo ad evitare che a qualcuno potessero nascere dubbi sui veri intenti di quel insolito tête-à-tête, dubbi che avrebbero messi a rischio non solo modalità e tempi della road map, ma la sua stessa praticabilità.
Innanzitutto, se fosse trapelato che i due machiavellici si erano accordati per azzerare l’attuale PD e traghettare i soli renziani fedelissimi, cioè quelli della “Leopolda”, in una nuova formazione politica (NdR: “partito della Nazione”?), la sollevazione, anche della base, sarebbe stata tale da ipotizzare perfino l’impeachment del neo-segretario Renzi.
Non solo, ma neppure il Capo dello Stato Napolitano, per quanto imprevedibile ed ambiguo, si sarebbe prestato ad essere loro complice ed il responsabile del siluramento di Enrico Letta e della successiva ascesa di Renzi a Palazzo Chigi.
Ecco perché, da quel giorno in poi, abbiamo assistito ad atti e modi di agire, in apparenza incomprensibili, mirati da un lato a creare squarci tra gli organi direttivi del PD e, dall’altro, ad assecondare scelte politiche che non alienassero le simpatie del popolo di destra.
La frottola della rottura del “patto del Nazareno”, le astiose ripetute stroncature di Brunetta, i voti forzisti in soccorso nei più difficili passaggi parlamentari, la protesi creata da Verdini e dai suoi seguaci, il riavvicinamento di Berlusconi a Salvini, e così via, non sono altro che cortine fumogene create dalla regia per dar modo alla road map di completare in sordina il suo percorso.
Probabilmente, Renzi e Berlusconi, entrambi sostenitori del bipolarismo, avevano immaginato di scoprire le carte solo quando, dissolto il PD, fosse nata una alternativa a sinistra alla quale contrapporsi nelle urne e sconfiggerla.
A rompere le uova nel paniere, però, sono intervenute le indicazioni di tutti i sondaggisti che, una volta tanto non in disaccordo tra loro, da settimane evidenziano che, ormai, il M5S accresce con continuità i suoi consensi anche a spese del PD.
A mettere una grande strizza al machiavellico di Rignano sull’Arno ed al suo sodale di Arcore è stata, però, la presa d’atto che il M5S, in caso di ballottaggio, nella prossima primavera vincerebbe le elezioni comunali a Roma.
La vittoria del M5S, infatti, butterebbe all'aria il progetto di bipolarismo che i due avevano immaginato quel giorno al Nazareno.
Come fare per impedire che ciò accada ?
Semplicemente accelerando i tempi della road map, come sembrano rivelare, con simulata ingenuità, le parole di un ministro del governo Renzi, Beatrice Lorenzin ospite del Corsera, che ha dichiarato: “PD, NCD e Forza Italia potrebbero appoggiare Alfio Marchini (NdR: che intende presentarsi con una propria lista). Sennò vincerebbe il M5S !”.
Cioè, se ho ben capito, l’obiettivo politico di PD, NCD e Forza Italia non sarebbe quello di risollevare la Capitale da anni di malgoverno, mafia e malaffare, ma semplicemente quello di sconfiggere il M5S ?
Allora voilà !
Signore e signori il piatto è servito, ecco a voi le miserie del programma politico del nuovo “Partito della Nazione” !

giovedì 5 novembre 2015

Ariecco il ponte sullo stretto

Da sempre e non solo in politica, gli individui che ambiscono alla egemonia, o che la raggiungono, finiscono per rivelare comportamenti megalomani venati di follia.
Poco importa che il popolo od i loro sottoposti si arrabattino tra mille difficoltà o tirino avanti tra gli stenti.
Il loro chiodo fisso è quello di erigere opere imponenti ed arroganti che mitizzino il loro passaggio in questo mondo.
Ora, se questa è la loro priorità è evidente che a farne le spese è il contesto nel quale agiscono e del quale ignorano, o fingono di ignorare criticità e miserie.
Per questo, anni fa, ero rimasto incredulo quando l’allora premier Berlusconi si era incaponito nel vaneggiare la costruzione del ponte sullo stretto che, assecondando la sua paranoia, avrebbe voluto lasciare a futura memoria della sua esperienza politica.
Si sarebbe trattato di un’opera colossale, il ponte sospeso più lungo tra quelli già esistenti.
Furono realizzati gli studi propedeutici, i progetti di fattibilità ed esecutivi, le liturgie di presentazione in pompa magna.
Il governo Monti, subentrato a Berlusconi, decretò però lo stop al programma, il che volle dire, per le casse pubbliche, un esborso di oltre 50 milioni, per i lavori già eseguiti, e di ben 300 milioni, come penali.
Allora non ero il solo, conoscendo le disagiate condizioni della rete ferroviaria e stradale della Sicilia, a domandarsi perché mai i politici non avessero data la priorità ad adeguare le infrastrutture siciliane almeno al livello di quelle del resto d’Italia.
E come non ricordare il tormentone della Salerno - Reggio Calabria, con la quale il traffico su gomma avrebbe dovuto raggiungere lo stretto ?
La politica, anche in quel frangente, ha dimostrato di non conoscere, o di fingere di non vedere quali fosse il reale stato del territorio e quali le tribolazioni di calabresi e siciliani.
Ma arriviamo ai giorni nostri.
Inaspettatamente, approfittando delle dissonanze che affliggono il governo Renzi, Angelino Alfano ha riproposto ai quattro venti il progetto del ponte sullo stretto.
Alfano non si è reso conto che è semplicemente irresponsabile riesumare oggi il ponte sullo stretto proprio mentre Calabria e Sicilia sono messe in ginocchio da eventi naturali che svergognano quanto grave sia la incuria della politica per quei territori.
Sarei molto curioso di conoscere cosa pensino del ponte sullo stretto gli abitanti di Messina che da più di dieci giorni vivono una condizione da terzo mondo, privati della erogazione di acqua e costretti ad approvvigionarsi dalle autobotti.
Per questo mi verrebbe una voglia matta di sbattere in mano ad Alfano una tanica e costringerlo a condividere con i messinesi queste disgraziate condizioni di vita.
Dopo una simile esperienza Alfano vagheggerebbe ancora del ponte sullo stretto ?

mercoledì 4 novembre 2015

… e Matteo si diverte !

Pur con tutta la mia buona volontà non riesco proprio ad immaginare perché ed in che modo il ridanciano presidente del consiglio pensi di divertirsi nell’incontro che avrà con i presidenti delle regioni.
Renzi lo ha detto a chiare lettere reagendo alle critiche del governatore Chiamparino: “Ora vi convoco ed allora ci divertiremo”.
Ora, che Matteo Renzi viva ogni atto di governo come un divertissement ed uno spassoso happening, lo avevamo già capito da un po’.
Che interpreti il mandato di presidente del consiglio come un piacevole diversivo, grazie al quale poter andare in giro per il mondo, a spese degli italiani, per esibirsi come showman nei palazzi del potere, lo dimostra già dal febbraio 2014.
Il guaio è che, fino a quando con i suoi frivoli tweet abbindolerà frotte di gonzi, gli stessi che fino ad ieri si sovreccitavano con le barzellette del pregiudicato di Arcore, non vedremo la luce in fondo al tunnel !
C’è qualcosa, però, che considero intollerabile in Renzi.
Mi riferisco alla ostentata malafede con cui il presidente del consiglio si ostina a non vedere e ad ignorare le reali tribolazioni degli italiani.
Dopo la pagliacciata delle vendita su eBay di alcune decine di auto blu già destinate alla rottamazione, Renzi ha dato prova di essere assolutamente incapace di mettere mano e di aggredire gli sperperi della pubblica amministrazione ed i costi vergognosi del sistema politico.
Per mesi si è riempita la bocca garantendo corposi risparmi con la spending review, salvo poi mostrarne il totale fallimento nella Legge di Stabilità.
D’altra parte Renzi è così refrattario alla spending review da aver fatto fuori il commissario alla spesa pubblica, Carlo Cottarelli, non appena, nel leggere la sua relazione, si è reso conto che avrebbe dovuto armarsi di possenti forbici per tagliare miliardi di costi improduttivi e di sprechi.
Poiché, però, è in malafede continua a pensare di scaricare gli effetti nocivi delle sue incapacità sempre e solo sui cittadini.
Come ? Ad esempio bilanciando i mancati risparmi della spending review sia con cospicui tagli a carico delle Regioni e della assistenza sanitaria, sia con un nuovo blocco del adeguamento delle sontuose pensioni mensili che superano nientepopodimeno che i 1.500 euro lordi.
Ora, basta leggere le cronache quotidiane per rendersi conto che la sanità pubblica, e non solo, sia affetta da falle ataviche.
In alcuni casi gli organici sono ridondanti in modo clamoroso per effetto del clientelismo politico, in altri il malaffare seguita indisturbato, in altri ancora l’inefficienza ed il menefreghismo provocano danni e sprechi mostruosi.
Ecco perché la spending review sarebbe servita ad individuare e realizzare interventi mirati; bastava che Renzi lo avesse capito.
Invece lui preferisce tagliare i fondi indistintamente a tutti, penalizzando anche le strutture sanitarie virtuose che saranno così costrette a ridurre la qualità di servizi essenziali per i loro cittadini.
Altre vittime cicliche della malafede renziana sono i pensionati.
Derubati per anni della perequazione delle loro pensioni, il Paese dovrebbe loro eterna gratitudine per aver messi in salvo i conti pubblici con i 20 miliardi che lo Stato ha depredati dalle loro tasche.
Renzi, invece, fottendosene della sentenza 70/2015 della Corte Costituzionale, dapprima con un decreto truffa ha legittimata la ruberia perpetrata ai danni dei pensionati ed oggi ne prospetta il perverso prolungamento con la Legge di Stabilità.
Ora, che Renzi sia sprovveduto in economia non sorprende, però qualche portaborse dovrebbe fargli capire che se continua ad impoverire anche milioni di famiglie di pensionati non può attendersi la tanto sbandierata crescita dei consumi.
Anche perché, in questi anni, mentre da un lato era bloccata la loro perequazione, dall’altro sulle pensioni sono aumentate, invece, le trattenute per addizionali regionali e comunali imposte dai tagli dei finanziamenti a regioni e comuni.
Insomma, per la goduria di Renzi a Napoli direbbero: pensionati cornuti e mazziati ! 

martedì 3 novembre 2015

Flavia Pennetta batte EXPO per abbandono

Capisco che sabato 31 ottobre al Open Air Theater ha avuto luogo solo la cerimonia di chiusura di EXPO 2015, e non la finale degli US Open tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci, e neppure l’irrinunciabile incontro del campionato di calcio tra la AC Fiorentina e la squadra del Frosinone.
Certo è che ha destati stupore e perplessità il fatto che il presidente del consiglio abbia snobbato platealmente proprio l’atto finale dell’unico evento che in questi mesi ha dato lustro all’Italia, richiamando capi di stato, personalità politiche, uomini di scienza e milioni di visitatori da ogni parte del mondo.
Perfino il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha ritenuto doveroso ed opportuno non mancare all’appuntamento con il quale si concludeva quella che lui stesso ha voluto definire “una sfida vinta dall’impegno dell’Italia unita”.
Ignoro quali pressanti impegni istituzionali abbiano tenuto lontano il presidente del consiglio, in carica, dal Open Air Theater, tuttavia è impossibile non ricordare, invece, che lo stesso Matteo Renzi non ci pensò due volte per piantare in asso tutto e tutti, saltare sull’aereo (ovviamente di Stato ed a spese dei contribuenti), trasvolare l’oceano pur di assistere di persona, dalle tribune di Flushing Meadows, alla finale degli US Open di tennis.
Possibile che la cultura istituzionale di Matteo Renzi, per quanto frivola, consideri una vittoria italiana al Arthur Ashe Stadium più importante della cerimonia di chiusura di EXPO 2015 ?
Oppure è lecito supporre che Matteo Renzi abbia preferito tenersi lontano da quella cerimonia dopo essersi reso conto che sul palco del Open Air Theater, al cospetto del Capo dello Stato e degli artefici del successo di EXPO, la sua presenza sarebbe risultata appannata senza potersi esibire come al solito da primadonna ?
Eppure, in tutti questi mesi Renzi non aveva indugiato ad appropriarsi dei successi dell’EXPO, pur non essendone né ideatore né promotore, solo per pavoneggiarsi con media compiacenti o per gloriarsi dei risultati con tweet trasudanti una infantile autogratificazione.
Domanda: è mai possibile che neppure lo spin doctor personale, profumatamente retribuito con denaro pubblico, non riesca ad evitare a Renzi gaffe così grossolane?