sabato 31 marzo 2012

Un’altra giornata amara


Ogni volta che il Ministero del Tesoro rende pubblici i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi, come presumo accada a molti contribuenti italiani mi incazzo con me stesso e con il mondo intero e mi verrebbe voglia di abbandonare questo Paese.
È successo anche ieri riscoprendo, ancora una volta, che un operaio dichiara un reddito superiore a quello medio degli imprenditori.
Ma l’incazzatura aumenta pensando che, nella Chicago degli anni ’30, Al “Scarface” Capone era finito ad Alcatraz non per le sue attività criminose ma per evasione fiscale.
Mi chiedo perché, in Italia, per combattere seriamente l’evasione fiscale e moralizzare il Paese non si imbocchi l’unica strada percorribile, cioè quella che conduce alle celle di San Vittore o di Regina Coeli.
Infatti, fino a quando gli evasori saranno certi che, grazie a commercialisti “azzeccagarbugli”, se e quando fossero scoperti potranno cavarsela, sempre e solo, con sanzioni amministrative di importo inferiore alle tasse evase per anni, l’evasione fiscale prolifererà impunita.
Alla fine, però, mi piomba addosso lo sconforto pensando che se il parlamento non riesce neppure ad approvare la legge contro la corruzione, la speranza che questa stessa classe politica voglia combattere rigorosamente l’evasione fiscale resterà sempre un sogno nel cassetto per ogni contribuente coscienzioso.
Ma la giornata di ieri evidentemente doveva essere ricordata come “incavolatura day”,  perché i media informavano che, in un momento difficile per tutti gli italiani, l’Ufficio di Presidenza della Camera aveva ritenuto opportuno disporre che, fino al 2023, alcuni ex presidenti della Camera continueranno a godere di assurdi privilegi quali l’auto blu con autista, appartamento con ufficio, personale di segreteria, carnet viaggi, rimborso spese telefoniche, etc.
Beneficiari di tale provvedimento per i prossimi 11 anni, saranno Fausto Bertinotti (attualmente non più parlamentare e quindi privato cittadino), Luciano Violante e Pier Ferdinando Casini, l’unico, ad onor del vero, che ha immediatamente dichiarato di rinunciare a questi privilegi.
Irene Pivetti, che come ex presidente della Camera per 3 anni, dal 1994 al 1996, godrà di questi privilegi fino al 2013, benché ormai viva da molti anni fuori dalla politica zompando da un programma televisivo all’altro, ha avuto invece l’ardire di lamentarsi !
Per fortuna venerdì 30 marzo è passato !   

venerdì 30 marzo 2012

Rozzezza del giornalismo scorretto


Nell’arco di sole 48 ore l’opinione pubblica è stata sconvolta da due tragici episodi verificatisi a Bologna e Verona.
A Bologna un artigiano edile di 58 anni ha tentato il suicidio dandosi fuoco davanti agli uffici della Agenzia delle Entrate.
A Verona un operaio marocchino ha emulato il tentativo di suicidio cospargendosi di benzina prima di darsi fuoco davanti al Municipio.
Due terribili drammi umani di fronte ai quali possiamo solo provare angoscia ed una profonda pena.
Amareggia, purtroppo, vedere che certa stampa rozza riesca a servirsi anche di tragedie come queste per intenti miserabili.
“Il Giornale”, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, è oggi in edicola con questo titolo che campeggia a tutta pagina : “Effetto Monti : roghi umani”, cui segue un editoriale del signor Alessandro Sallusti.
È un modo così spregevole di fare informazione che non sarebbe degno neppure di una parola di disapprovazione se non fosse che, distorcendo ed ignorando la realtà, finisca per degradare nella disinformazione.
L’artigiano edile di Bologna, attualmente ricoverato ancora in gravi condizioni al Centro Grandi Ustionati di Parma, al momento del tentativo di suicidio era sconvolto, di fatto, perché il suo avvocato si stava recando, in quelle ore, in tribunale per patteggiare una condanna a 5 mesi per il reato di infedele dichiarazione dei redditi. L’artigiano, infatti, era accusato di aver utilizzate fatture false per diverse migliaia di euro per alterare alcune dichiarazioni dei redditi.
Il signor Sallusti, però, non spiega cosa c’entri Mario Monti con l’uso delle fatture false e la condanna del tribunale di Bologna.
L’operaio marocchino di Verona, invece, si è dato fuoco avvilito perché il suo datore di lavoro non gli corrispondeva il salario da 5 mesi e lui e la sua famiglia erano ormai ridotti alla fame.
Anche in questo caso il signor Sallusti preferisce prendersela con Mario Monti piuttosto che con il datore di lavoro di questo operaio.
Evidentemente l’acume giornalistico del signor Sallusti non sa andare oltre editoriali del tipo “va tutto bene madama la marchesa”, se al governo c’è il suo padrone Berlusconi, o “porca miseria piove … governo ladro” se al governo non c’è più Berlusconi.  

Monti come un Alka Seltzer


Maurizio Sacconi, ex ministro del Governo Berlusconi, nel corso di un dibattito televisivo ha paragonato Mario Monti ad un Alka Seltzer in grado di far digerire a Bersani & Co. provvedimenti che fino ad ieri sarebbero risultati indigesti a tutto il Partito Democratico.
Non sappiamo come l’abbia presa il professor Monti a sentirsi accostato ad una compressa effervescente antiacido, però bisogna riconoscere che, oltre ad essere simpaticamente scherzoso, il parallelo contiene un certo substrato di verità.
In effetti basterà ricordare gli sbarramenti opposti dal PD, neppure molto tempo fa, ad ogni ipotesi di modifica del sistema pensionistico per registrare che in parlamento la radicale riforma delle pensioni proposta dal Governo Monti è stata approvata, seppur con qualche mal di pancia, anche con i voti del PD.
Sembrerebbe più arduo, però, per Mario Monti, anche con l’ausilio di un Alka Seltzer, convincere Bersani, Bindi, Fassina e soci, ad approvare oggi, con altrettanta condiscendenza, la riforma del mercato del lavoro.
Forse che Bersani & Co. abbiano meno a cuore il malessere di pensionati e soprattutto dei pensionandi ?
No, senz'altro no, ma nel PD sono subentrate alcune considerazioni contingenti.
  1. Innanzitutto nel PD c’è l’illusione che il peggio sia ormai passato e che l’Italia si sia allontanata dal precipizio; il che purtroppo non è vero.
  2. Fra poco più di un mese si svolgeranno le elezioni amministrative e nel PD si è convinti che cavalcando il disagio sociale sia possibile rastrellare voti e non farsi scavalcare a sinistra da Di Pietro e Vendola.
  3. Poi, un possibile successo elettorale rinvigorirebbe la malferma leadership di Bersani.
  4. Difatti, nel PD c'è la consapevolezza che il partito sia tormentato da fratture interne solo provvisoriamente ricomposte da Bersani, nei giorni sorsi, in occasione della direzione politica.
  5. Infine, il taglio dell’atavico cordone ombelicale con la CGIL di Susanna Camusso vorrebbe dire spostare l’asse politico del partito verso posizioni più centraliste, e recidere definitivamente i ponti con l’incontro di Vasto e le possibili future alleanze elettorali con Di Pietro e Vendola.
Poiché, però, il PD è conscio di non potersi assumere la responsabilità di far cadere il Governo Monti, perché pagherebbe un prezzo politico molto caro, ha scelto di temporeggiare fino al 6 maggio, facendo la voce grossa contro la riforma dell’art. 18, per poi, in base ai risultati elettorali decidere il da farsi.
Nel frattempo l’Italia e gli italiani possono aspettare e … sperare !  

giovedì 29 marzo 2012

Un guazzabuglio tutto italiano


Sono trascorsi soltanto 12 giorni da quando affermavo, in questo blog, quanto fosse imprudente rallegrarsi perché  lo spread era sceso a 275 punti, ed ecco lo spread ritornato in un battibaleno a 345 punti.
Un rimbalzo di 70 punti con effetti immediati sui tassi d’interesse dei BPT e conseguente aggravio sui conti pubblici.
Ha ben voglia Mario Monti di andare in giro per il mondo, come un commesso viaggiatore, per tranquillizzare i mercati internazionali sul fatto che l’Italia ha imboccata ormai la strada del cambiamento e della modernizzazione.
Agli operatori finanziari, purtroppo, non sfuggono le notizie che giungono dal nostro Paese e che riferiscono di tensioni sia tra i partiti della arlecchina maggioranza che appoggia il Governo e sia tra alcuni partiti della maggioranza e lo stesso Governo.
Poiché due più due fa quattro anche per i mercati, ecco riacutizzarsi le preoccupazioni sull’affidabilità del nostro Paese di cui lo spread è il primo tangibile risultato.
Non solo, ma siccome all’estero sono consapevoli che, a differenza dei mestieranti della politica italiana, Monti è una persona seria che quando afferma di non essere disposto a “tirare a campare” saprebbe poi trarne le debite conseguenze, i mercati preferiscono stare alla finestra in attesa degli sviluppi.
D’altra parte Monti sa troppo bene che lunedì, rientrando a Palazzo Chigi si troverà sul tavolo molti nodi da sciogliere e non potrà procedere sempre e soltanto con voti di fiducia.
Non solo, ma Monti sa anche molto bene che per il Governo le insidie sono in parlamento, dove Bersani potrebbe contare sui voti di dipietristi e leghisti per bocciare la riforma del mercato del lavoro, ed Alfano potrebbe ricorrere all’appoggio dei leghisti per contrastare le norme anti corruzione.
Un bel guazzabuglio, acutizzato per di più dall’approssimarsi delle elezioni amministrative e dal fatto che i partiti vorrebbero aspettare i risultati del 6 e 7 maggio per decidere il da farsi.
Così, ancora una volta l’Italia è ostaggio delle sagrestie politiche più preoccupate dei loro interessi particolari che del bene comune.
È sorprendente, alla luce di questi fatti, che esista ancora qualche inebetito che si dica incredulo di fronte a sondaggi che indicano in quasi il 50% la quota di elettori che non intenda recarsi alle urne o che pensi di votare scheda bianca.

“Non tirare a campare”… segnale forte e chiaro


Le punzecchiature a distanza, con Mario Monti che da Corea, Giappone e Cina, mentre riceve l’apprezzamento internazionale per il lavoro svolto, punta il dito contro la politica nostrana, e dall’altra parte Alfano, Bersani e Casini che cercando di correre ai ripari si fanno scudo con accordi apparenti su riforme e legge elettorale, potrebbero essere segnali premonitori di preoccupanti incrinature tra il Governo e la scombinata maggioranza che lo sostiene.
Ad osservare bene, infatti, dietro l’angolo non ci sono solo le barricate promesse da Bersani & Co. sull’art. 18, ma anche molte materie che provocano considerevoli mal di pancia ad Alfano & Co.
Per questo, quando Monti, due giorni fa, ha affermato di non essere disponibile a “tirare a campare” sicuramente non pensava solo al possibile tiro mancino del PD sulla riforma del mercato del lavoro.
Nel futuro prossimo dell’attività del Governo, ad esempio, ci sono ben altri ostacoli da superare.
Ad esempio, ci saranno i provvedimenti anti corruzione che sono sgradevoli per il PdL.
Il prolungamento dei termini di prescrizione con aggravamento delle pene per i reati di corruzione, il riconoscimento della corruzione tra privati come reato, rappresentano proposte del ministro Severino che sono intollerabili per molti pidiellini, soprattutto per quelli sottoposti ad indagini in corso da parte della magistratura.
Così come la volontà di non derubricare il reato di concussione, del quale è accusato Berlusconi nel processo a Milano, è un rospo indigesto per Alfano, Cicchitto & Co.
Senza dimenticare, poi, i provvedimenti sull’uso delle intercettazioni o sulla responsabilità civile dei magistrati, temi cari al PdL ma non graditi al PD.
Per questo, se Monti ha mandato un messaggio forte e chiaro di non essere disposto a “tirare a campare”, è perché teme che, secondo i consueti e riprovevoli usi e costumi della politica italiana, Alfano e Bersani possano concertare intese sotto banco per barattare appoggi di favore sull’art. 18, sulle norme anti corruzione, sulla concussione e così via, svuotando di fatto quel processo di cambiamento e modernizzazione del Paese che è l’obiettivo primo del Governo Monti.          

mercoledì 28 marzo 2012

Gli elefanti ed il topolino


È bastato che dalla Corea  il Presidente Monti, con un cristallino ed inequivocabile messaggio, facesse sapere di non essere disponibile a “tirare a campare” per convincere i  tre “elefanti” dello scenario politico che era giunto il momento di darsi una mossa.
Per la verità parlare di una vera e propria  mossa sembra un tantino esagerato.
Sta di fatto che i 3 “elefanti”, così soprannominati per la flemma con la quale rispondono agli stimoli, Alfano, Bersani e Casini si sono incontrati a Montecitorio con all’ordine del giorno riforme costituzionali e riforma elettorale.
Un incontro a così alto livello, non sollecitato né da Napolitano né da Monti, aveva colti alla sprovvista, e resi sovreccitati, non solo i membri della Casta, ma anche cronisti, commentatori, politologi.
Ad alimentare ancor più la grande eccitazione, la notizia che, proprio in quei momenti, Monti aveva dovuto assentarsi dal summit, mentre parlava Obama, per rispondere ad una telefonata urgentissima di Cicchitto.
Quindi, ovvia trepidazione e grandi aspettative !
Sarebbe stato sufficiente, però, attendere un paio di ore per scoprire che da quella grande sarabanda era stato partorito, di fatto, un piccolo topolino, veramente molto piccolo.
Infatti, A + B + C non solo non avevano raggiunto alcun accordo sulla riforma della legge elettorale per la quale ci sono ancora troppi nodi da sciogliere, ma, anzi, anche in materia di riforme costituzionali l’unica ipotesi in incubazione era quella di proporre, per la prossima legislatura, un ridimensionamento irrisorio del numero di deputati e senatori.
L’ipotesi, riportata dalle agenzie di stampa, sarebbe di ridurre da 630 a 500 il numero dei deputati e da 315 a 250 il numero dei senatori.
Perché definire irrisorio il possibile taglio di 195 membri della Casta ?
Semplicemente perché anche dopo questa riduzione, per il momento solo ipotizzata, in Italia comunque ci spetterebbe un parlamentare ogni 80.645 abitanti, mentre i più fortunati cittadini tedeschi già oggi mantengono un parlamentare ogni 111.768 abitanti.
Se i 3 elefanti avessero voluto avere seriamente la Germania come orientamento, non solo per quanto riguarda l’art. 18, la proposta di taglio avrebbe dovuto interessare almeno 400 membri della Casta.
Probabilmente A + B + C hanno voluto evitare che 400 individui, senza arte né parte, potessero far salire in modo preoccupante il tasso di disoccupazione.     

martedì 27 marzo 2012

Dura minga … dura no !


Questo modo di dire, “dura minga … dura no” , in dialetto meneghino è stato reso celebre negli anni ’60 da un popolare carosello e sembra adattarsi perfettamente all’attuale momento politico del nostro Paese.
Dopo che per decenni tutti i partiti politici si sono preoccupati solo di compiacere al loro elettorato, ponendo in secondo piano la gestione della cosa pubblica, era inevitabile che arrivasse il momento del “redde rationem”.
Riforme strutturali, ineludibili e fondamentali per modernizzare il Paese, sono state rinviate per anni, a volte per la scelta di priorità personali, a volte per il veto incrociato tra partiti di governo e di opposizione, a volte unicamente perché mettervi mano avrebbe fatto perdere qualche punto percentuale di elettorato, a volte per non turbare la pace sociale.
Intanto, intorno a noi il mondo cambiava rapidamente, ed il gap tra l’Italia ed altri paesi del mondo occidentale si andava a poco a poco ampliando.
Così, insieme a Grecia, Portogallo e Spagna ci siamo ritrovati a fare i conti con la mannaia della crisi.
Dopo aver condotta l’Italia sull’orlo del baratro la classe politica, svegliatasi dal suo lungo torpore, ha compiuto finalmente un gesto di responsabilità ammettendo la propria incapacità ad affrontare la situazione fino al punto di accettare perfino un governo tecnico.
Purtroppo, però, passato il primo botto di paura i mestieranti della politica sono ritornati al loro vecchio modo di pensare e di agire.
Dopo aver annacquate le liberalizzazioni, per favorire le diverse lobbie, ora avrebbero intenzione di annacquare anche la riforma del mercato del lavoro per difendere un arcaico art. 18, elaborato oltre 40 anni fa quando l’economia era incentrata su produzioni industriali, quando delocalizzazione era una parola sconosciuta, quando la ricerca della competitività non era così esasperata, quando la robotizzazione era solo tratteggiata sui tecnigrafi, quando Corea, India, Cina e Giappone erano solo mete turistiche per i più fortunati.
Da Seul Mario Monti ha mandato un primo eloquente messaggio.
Dovrebbe essere chiaro a tutti che Mario Monti ed i suoi ministri non vivono né di politica né per la politica, per cui o saranno messi nella condizione di lavorare per cambiare e modernizzare realmente il Paese oppure non “tireranno a campare” come fanno i politici di professione.
Per questo, se il PD non avrà il coraggio e l'intelligenza di affrancarsi dalla “camussodipendenza” ed insisterà nel cocciuto proposito di incidere sulla riforma del mercato del lavoro, il Governo Monti “dura minga … dura no”.  

lunedì 26 marzo 2012

La voluntad de no saber


In concomitanza con la visita di Benedetto XVI in Messico, gli scrittori Alberto Athié, José Barba e Fernando González hanno presentato il loro lavoro “La voluntad de no saber”.
Nel libro sono riportati, con dovizia di documenti e testimonianze, i risultati di complesse ricerche condotte per confermare che fin dal 1944 la Curia Romana fosse a conoscenza degli abusi sessuali ripetuti e continuati su seminaristi e dei comportamenti licenziosi di un sacerdote messicano, Marcial Maciel Degollado, noto come fondatore della Congregazione dei Legionari di Cristo.
Marcial Maciel, tra l’altro, ebbe anche relazioni eterosessuali, con quattro donne diverse, dalle quali vennero alla luce sei figli, tre di questi ufficialmente ammessi dalla stessa Congregazione dei Legionari di Cristo.
Nonostante da decenni la vita dissoluta di Marcial Maciel fosse di dominio pubblico e la Curia Romana ne fosse del tutto informata, solo nel 2006 la Congregazione per la dottrina della fede, della quale Ratzinger era stato Prefetto fin dal 1981, ne decise la sospensione “a divinis” .
Questa premessa era necessaria per documentare l’insensibilità e l’ipocrisia con le quali Benedetto XVI, nel suo viaggio in Messico, si è rifiutato di incontrare le vittime degli abusi commessi dal fondatore dei Legionari di Cristo.
La stessa ipocrisia e la stessa impudenza che avevano indotto Ratzinger, per oltre 20 anni Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, a fingere di non sapere e non vedere le nefandezze di Maciel.
Sarebbe stato giusto attendersi che, oltre a ricevere le vittime dei narcotrafficanti ed a lanciare messaggi di condanna al comunismo cubano, Benedetto XVI avesse approfittato della sua presenza in Messico per proferire almeno qualche parola  per chiedere perdono e per riconoscere gli intollerabili errori commessi per lunghi anni dalla Chiesa cattolica.
Invece nulla, per non risvegliare dallo stato di ottenebramento mentale le migliaia di astanti oppiati dalla presenza di quell'uomo in bianco. 

domenica 25 marzo 2012

Sondaggi e curiosità


Da anni in Italia si ricorre alle indagini demoscopiche per risolvere ogni dubbio o per soddisfare ogni curiosità.
Sulle tavole degli italiani sono più presenti gli spaghetti alle vongole o all’amatriciana ? No problem ! Per sciogliere un dubbio così esistenziale non resta che ricorrere ad autorevoli professionisti delle ricerche demoscopiche.
Chi vincerà il prossimo campionato europeo di calcio ? Stessa soluzione, affidiamoci ad un’indagine demoscopica e scopriremo cosa pronostica il campione rappresentativo del popolo italiano.
Indicazioni di voto, gradimento del governo e dei suoi ministri, apprezzamento per un programma televisivo, etc.
Per ogni dubbio e per ogni curiosità cosa c’è di meglio che ricorrere ai sondaggi ?
Se poi non pervengono richieste da committenti curiosi ecco che i sondaggisti si inventano assurdi argomenti sui quali indagare.
Così nei giorni scorsi un quotidiano ha pubblicati i risultati di un incredibile sondaggio condotto sul “disprezzo degli elettori verso i leader di partito”.
In effetti nessun italiano avrebbe potuto addormentarsi soddisfatto senza aver prima conosciuti i risultati di una tale ricerca.
Ora, invece, che tutti noi sappiamo, finalmente, che il 63% del campione intervistato disprezza il leader del proprio partito di riferimento, affronteremo le difficoltà della vita quotidiana con maggiore serenità.
Venire a sapere, poi, che la palma del più “disprezzato” la detiene Nichi Vendola, seguito a ruota da Antonio Di Pietro e da Umberto Bossi, non può che rasserenarci ancora di più.
Ma l’indicazione più singolare, e forse sorprendente, e che per gli altri leader il livello di “disprezzo” supera, comunque, il 50% !
Insomma, sembra proprio che la leadership dei partiti politici sia accordata e riconosciuta dalle sole sagrestie degli addetti ai lavori.

sabato 24 marzo 2012

Mario Monti, il commesso viaggiatore


Nella prossima settimana Mario Monti indosserà gli abiti del “commesso viaggiatore” e volerà in Corea del Sud, Giappone e Cina per convincere soprattutto giapponesi e cinesi come sia vantaggioso investire in Italia e sull’Italia.
Quando, però, aprirà la sua valigetta per mettere in mostra il campionario con il quale stimolare il mondo finanziario ed industriale, giapponese e cinese, a credere nell’Italia, Mario Monti dovrà essere molto abile, innanzitutto, nel mentire a se stesso prima che ai suoi interlocutori.
Infatti, non gli sarà facile spiegare, in modo credibile, come lui stesso possa ancora avere fiducia nel protrarsi del sostegno da parte di una maggioranza parlamentare dilaniata da continue diatribe politiche ed umorali.
Dovrà dimostrare molta valentia nel minimizzare il fatto che siano state sufficienti alcune manovrate iniziative di sciopero, motivate anche dalle nevrotiche dichiarazioni di un Bersani, camussodipendente, per far schizzare in alto di 50 punti lo spread in meno di 24 ore.  
E la sua abilità di persuasione, consapevole di mentire, sarà messa a dura prova nel rispondere alle mille domande che giapponesi e cinesi gli faranno sullo scenario politico italiano, instabile ed in permanente fibrillazione, e sulla contrarietà che la politica palesa ogni volta che si sfiorino temi come la riforma della giustizia, la lotta alla corruzione, l’abolizione dei privilegi di casta, la modernizzazione dello Stato, il contrasto all’evasione fiscale, etc.   
Non sarà neppure semplice, per il commesso viaggiatore Monti, rassicurare gli imprenditori giapponesi e cinesi che qualora decidessero di investire nel nostro Paese non dovranno scontrarsi, un giorno si e l’altro pure, con gli isterismi ideologici di Camusso e Landini.
Così come sarà molto faticoso e difficile dissuadere giapponesi e cinesi dalla convinzione che il sistema bancario italiano sia composto solo da rozzi profittatori che offrono servizi ai costi più elevati di tutto il mondo occidentale.
Ma la domanda che, di sicuro, i potenziali investitori giapponesi e cinesi rivolgeranno a Monti, ed alla quale lui non potrà e non sarà in grado di rispondere risulterà: “OK Mr. Monti, però cosa sarà dell’Italia nel 2013 dopo che il suo governo rimetterà il mandato ?”.
A questo punto il commesso viaggiatore Monti non potrà fare altro che richiudere il suo campionario e ritornare a casa.

venerdì 23 marzo 2012

Fomentare la violenza con la disinformazione


Produrre disinformazione per esacerbare gli animi è un modo di fare riprovevole per qualsiasi persona, ancor più se questa persona di mestiere fa il giornalista e deontologicamente dovrebbe assicurare al suo lettore, radioascoltatore o telespettatore una decifrazione obiettiva dei fatti.
Questa mattina su “Il Manifesto”, Guido Viale scrive un editoriale nel quale, consapevole di non dire il vero ai suoi lettori, afferma: “L’azzeramento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non è una misura per rendere flessibile il mercato del lavoro, ma per rendere rigidi…”.
Non è mia intenzione esprimere un parere sull’editoriale, vorrei semplicemente soffermarmi sulla prima parola di questo editoriale “azzeramento” che, letta sbrigativamente da 1, 100, 1000 lettori potrebbe essere fomentatrice di iniziative violente e di atti inconsulti.
Un qualsiasi dizionario della lingua italiana alla parola azzeramento declina : “ritorno di una situazione al punto di partenza, generalmente considerato come pregiudiziale per il raggiungimento di un accordo”.
Ora, il signor Viale, sicuramente persona colta, informata e padrona della lingua italiana, sa benissimo che l’art. 18 non è stato azzerato ma semplicemente rivisitato nella sua struttura prevedendo e definendo con precisione tre diverse possibili situazioni.
I licenziamenti discriminatori non solo erano e restano nulli, ma in più, saranno nulli anche per i lavoratori che operano in aziende con meno di 15 dipendenti, lavoratori, cioè, che fino ad oggi non erano tutelati dall’art. 18.
Per i licenziamenti disciplinari sarà il giudice, così come è accaduto fino ad oggi, a decidere, imponendo all’azienda  un “indennizzo economico”, da 15 a 27 mensilità, oppure il “reintegro” nel caso in cui i motivi del licenziamento fossero ritenuti infondati od irrilevanti.
Per i licenziamenti cosiddetti “economici”, ai quali è previsto il ricorso solo nei casi di crisi aziendale o di ristrutturazioni organizzative e produttive, è previsto l’indennizzo economico da 15 a 27 mensilità. Certamente un aggravio economico e finanziario non lieve per una azienda già in crisi !

Ricorrere, perciò, alla parola “azzeramento” non solo mi sembra scorretto ma credo anche che faccia torto all’intelligenza dei lettori di "Il Manifesto”.   

Cercate un vero posto fisso ?



Quanti giovani vorrebbero poter rispondere in coro “siiiiiii” ad una domanda come questa !
Ebbene, c’è un datore di lavoro, sicuramente di alto lignaggio, che ha incaricati i suoi manager di offrire, attraverso internet, centinaia di posti fissi sicuri, garantiti per tutta la vita.
Questo munifico datore di lavoro è nientepopodimeno che il Padreterno mentre il management incaricato della ricerca e selezione dei candidati è la Conferenza episcopale spagnola, la CEE.
No ! non è affatto uno scherzo !
Da molti anni sono convinto che i veri ideatori e precursori del marketing, siano stati i quattro evangelisti con i loro lavori, ed oggi è sotto i nostri occhi la conferma di come la Chiesa cattolica sia da sempre maestra nel realizzare ingegnose operazioni di marketing.  
Tutti hanno la possibilità di prendere visione del videoclip, spagnolo e sottotitolato in inglese, “Te prometo una vida apasionante” con il quale, dal 19 marzo, la CEE si propone di contrastare la crisi delle vocazioni offrendo inaspettate opportunità a tutti coloro che vorranno diventare testimoni di Cristo.
Oddio (è il caso di usare questa esclamazione), accreditare come “folgorato da vocazione” colui che eventualmente aderisse a questo invito mi sembrerebbe non solo improprio ma anche un po’ blasfemo.
Infatti,  i nove preti che si avvicendano nel videoclip usano argomenti di attrazione che, pur prestandosi ad una duplice interpretazione, presentano comunque contenuti molto più temporali e molto meno spirituali.
Il titolo-premessa del videoclip pone una domanda: “quante promesse ti hanno fatto che non sono state poi mantenute ?”.
Ed ecco a seguire il videoclip che assicura: non uno stipendio elevato ma un lavoro fisso, non una vita di avventure ma una vita appassionante, non un lavoro perfetto ma la partecipazione ad un progetto, non lusso ma ricchezza eterna, non un lavoro di successo ma un lavoro che darà molti frutti, una decisione non facile ma della quale non ti pentirai mai.
Un’operazione, questa, che richiama alla memoria quanto accadeva, a cavallo tra ‘800 e ‘900, nelle contrade più povere del nostro Paese dove le famiglie, per sottrarre agli stenti ed alla fame i loro figli, inducevano i maschi al sacerdozio e le femmine alla vita monastica.

giovedì 22 marzo 2012

Un contesto politico e sociale sempre più intossicato


Il clima politico e sociale in Italia, giorno dopo giorno, appare sempre più intossicato; purtroppo !
C’è da augurarsi che l’agguato teso ieri ad Alberto Musy, capogruppo UDC al Comune di Torino, non riveli una matrice terroristica e che gli inquirenti sappiano fare luce rapidamente su questo inquietante atto di violenza.
È certo, però, che sono in troppi, per gretti interessi di bottega, a soffiare sul fuoco del già difficile contesto generale.
Ogni giorno, assistiamo, nostro malgrado, ad atteggiamenti, a dichiarazioni, a comportamenti, da cui traspare il progressivo imbarbarimento delle relazioni ad ogni livello.
Mostrare il dito medio all’avversario politico, indirizzare pernacchie al Capo dello Stato, invitare ad utilizzare il tricolore come carta igienica  sono solo alcuni esempi del diffuso e tollerato decadimento della vita politica.
Come è altrettanto inqualificabile che un ex parlamentare ed ex ministro della giustizia, oggi segretario del PdCI, Oliviero Diliberto, si faccia fotografare, davanti a Palazzo Chigi, mentre abbraccia divertito una signora che indossa una t-shirt con, in grande evidenza sulle generose tette, la scritta “Fornero al cimitero”.
Se questi sono i comportamenti di sedicenti leader e di individui che vagheggiano di ricoprire incarichi di alto profilo nelle istituzioni della Repubblica, è inevitabile poi che le frange più violente si sentano autorizzate a servirsi di ogni occasione per dare sfogo alle loro pulsioni primitive.
Tra i molti che hanno scelto di fare da mantici nell’alimentare il fuoco del disagio sociale ed avvelenare il clima politico e sociale si agitano da tempo, nelle prime fila, Di Pietro, Bossi, Vendola, Ferrero.
E' infatti molto grave che a manifestazioni di inaccettabile e gratuita violenza partecipino anche politici, come è avvenuto in Val di Susa o come è accaduto a Roma pochi mesi fa quando la città, per ore, è stata messa a ferro e fuoco.
Appoggiare i violenti, giustificare le loro azioni, esaltare lo scontro sociale vuol dire gettare il Paese nel caos ed abdicare ad una convivenza democratica.
Fino a quando, però, questo Paese e le sue istituzioni, saranno disposti a tollerare ed a giustificare come atteggiamento goliardico il fatto che alcuni parlamentari ex-AN, in un cortile di Montecitorio, canticchino “il 25 aprile è nata una puttana e l’han chiamata Repubblica italiana”, consentiremo di scivolare irresponsabilmente verso un  epilogo molto pericoloso ed assolutamente imprevedibile !           

mercoledì 21 marzo 2012

Camusso contro tutti


Avrebbe dovuto essere il giorno per brindare all’accordo sulla riforma del mercato del lavoro, ed invece tutto è rinviato di altre 48 ore, come se ciò che non è stato condiviso ieri lo possa essere domani.
Ancora una volta CGIL ha scelto di fare le barricate per l’ostinata difesa dell’art.18, dissociandosi nuovamente dalle scelte delle altre organizzazioni sindacali, CISL ed UIL in primo piano.
Eppure è trascorso solo poco più di un anno da quando, prima a Pomigliano e poi a Mirafiori, i lavoratori FIAT votando “si” ai referendum indetti dall’azienda avevano mandato un messaggio forte e chiaro a FIOM, e quindi a CGIL.
In entrambi gli stabilimenti, al contrario di CISL ed UIL, FIOM si era schierata per il “no” e ne era uscita sconfitta.
Possibile che Camusso e Landini non vogliano prendere atto che  dai tempi dello Statuto dei Lavoratori sono passati oltre 40 anni, che la stessa struttura del mondo del lavoro si è modificata, ma che soprattutto sono cambiati i lavoratori, il loro modo di pensare, le loro esigenze ?
Cosa c’è di così inaccettabile nelle modifiche all’art. 18 proposte dalla riforma del Ministro Fornero ?
I licenziamenti per motivi discriminatori erano e restano nulli, non solo, ma mentre prima questa norma era valida solo per le aziende con più di 15 dipendenti, ora sarebbe efficace per tutti i lavoratori. È una scelta di assoluta equità e giustizia !
Per i licenziamenti riconducibili a “motivi economici”, imposti cioè da crisi aziendali o da processi di ristrutturazioni organizzative e produttive, la riforma prevede un “indennizzo economico” e non più il “reintegro”.
Ma che significato avrebbe il reintegro del lavoratore in un’azienda già in crisi, se non quello di acuire la crisi aziendale e, quindi, di rinviare nel tempo il licenziamento, probabilmente mettendo a rischio anche il posto di altri lavoratori ?
Per CGIL, però, inaccettabilli sono i “licenziamenti disciplinari”, cioè quelli che l’azienda potrebbe effettuare nei casi in cui il lavoratore trasgredisse ai doveri regolati dai contratti di lavoro o da regolamenti e procedure aziendali.
In questi casi la riforma contemplerebbe, comunque, che sia il giudice a decidere tra “indennizzo” e “reintegro”, disponendo quest’ultimo nei casi in cui i motivi del licenziamento risultassero infondati od irrilevanti.
Solo in Italia ed in Grecia esiste la tutela dei lavoratori improduttivi, negligenti, irrispettosi di doveri e regole.
Ed è assolutamente insignificante la considerazione che alcuni commentatori stanno facendo, in queste ore, affermando che, di fatto, le cause di lavoro provocate dall’art. 18 sarebbero solo poche centinaia.
In realtà questi commentatori ignorano quante siano, invece, le trasgressioni “disciplinari” intollerabili che le aziende hanno evitato di affrontare e definire, negli anni, proprio perché esisteva l’art. 18 !            

martedì 20 marzo 2012

Alfano + Bossi : sceneggiata imbarazzante

Sono anni ormai che politologi, opinionisti e sondaggisti si sfiancano nel tentativo di comprendere, e spiegare a tutti noi, quali possano essere le cause della dilagante disaffezione degli italiani per la politica .
Una disaffezione che di frequente si concreta in veri e propri sentimenti di antipolitica.
Non so dove questi insigni intelletti vadano a cercare le risposte.
Quasi certamente anche loro, così come i politici, non usano i mezzi pubblici per andare al lavoro, non frequentano i mercati rionali, non bazzicano i ristoranti a prezzo fisso, non viaggiano sui malandati treni dei pendolari.
Anche loro, cioè, non ascoltano e non raccolgono gli umori dei cittadini comuni che sono milioni e milioni e costituiscono l’elettorato italiano.
Sono cittadini comuni che non viaggiano in aereo e non affollano i ristoranti come invece voleva far credere al mondo  Berlusconi pur di negare che in Italia ci fosse la crisi.
Non c’è giorno che la classe politica, ormai identificata come “la Casta”, non offra all’uomo della strada nuove occasioni di disgusto.
Difesa ad oltranza di inauditi privilegi, quotidiano emergere di casi di corruzione in ogni dove e senza distinzione di parte, collusione con il malaffare, rapina legalizzata del denaro pubblico, insomma un variegato panorama di modi di agire ributtanti.
Come se tutto ciò non bastasse, l’italiano assiste anche a indegne sceneggiate.
Ed ecco l'ultima: dopo tre mesi trascorsi a rinfacciarsi, spesso con linguaggio irripetibile, tradimenti ed adulteri, un giorno Angelino Alfano, con tono solenne, dichiarava che il legame con la Lega era oramai giunto ai titoli di coda, salvo poi sputtanarsi, 24 ore dopo, implorando Bossi perché si concedesse ad un ultimo amplesso per le elezioni amministrative.
Con il risentimento tipico di coloro che sono stati traditi in amore, uno dopo l’altro Maroni, Calderoli, Bossi, Reguzzoni, Bricolo, hanno respinte giorno dopo giorno e con fermezza le avances di Alfano.
Ma, come in tutte le sceneggiate, anche questa volta c’è il colpo di scena: dopo settimane di reciproci insulti e rancori, il Gran Barbaro Bossi si vuole concedere ancora una volta all’amplesso con il Pdl ed ecco dirsi possibilista su nuovi abbracci per le elezioni amministrative !
Ora, signori politologi, opinionisti e sondaggisti vi siete chiesti quale credibilità possa mai avere, per l’uomo della strada, una classe politica che, oltre ad essere corrotta, arrogante, scippatrice di denaro pubblico, etc., si dimostri anche così ciarlatana ?

lunedì 19 marzo 2012

Un art. 18 per fare largo ai giovani


Che l’ipocrisia sia dilagante nel nostro vivere quotidiano non lo scopro certo io, né tantomeno si può affermare che sia un fenomeno solo di queste settimane o di questi mesi.
Che poi, da sempre, l’ipocrisia sia maggiormente diffusa nel mondo politico, sindacale, religioso e giornalistico, è un dato di fatto e non sarebbe sufficiente una “paccata” di post per ricordare mille e mille esempi.
Perciò, avendo a disposizione meno di 400 parole vorrei soffermarmi sulla doppiezza che si trascina ormai da settimane sulla famosa riforma del mercato del lavoro.
Era fin troppo chiaro, fin dall’inizio, che al centro del tavolo negoziale ci fosse fin dal primo giorno, per il Governo come per le Parti Sociali, la discussione  sull’art. 18.
Le scaramucce su ammortizzatori sociali, cassa integrazione, riduzione delle forme di contratti a termine, etc. servivano solo per riscaldare i muscoli in attesa del “big match”.
In sostanza il vero pomo della discordia riguarda la esclusione, o meno, dalle tutele dell’art. 18, dei cosiddetti “licenziamenti disciplinari”, vale a dire di quei licenziamenti che le aziende vorrebbero poter fare in presenza di comportamenti e contegni antitetici con i doveri e gli obblighi previsti dai contratti di lavoro.
Ora, la pretesa di tutelare il  dipendente statale che, durante l’orario di lavoro, si assenti per andare al supermercato od a giocare a tennis, sarebbe non solo un’indecenza, ma soprattutto un torto per quel lavoratore che invece svolge con impegno il proprio lavoro.
Così come sarebbe, però, altrettanto immorale rendere possibile il licenziamento di un lavoratore preso di mira dal suo capo perché iscritto ad un sindacato sgradito, o di una lavoratrice perché rifiuta le avances del suo capo.
Ma, in un Paese in cui si blatera tanto di “meritocrazia” mi domando perché non ipotizzare che anche l’art. 18 possa recepire il principio di tutelare il lavoratore “meritevole” e di lasciare invece al suo destino il lavoratore “biasimevole”.
Chiunque abbia lavorato in un ufficio o in una fabbrica sicuramente avrà incrociati colleghi operosi e colleghi scansafatiche, e si sarà reso conto che i comportamenti non erano legati né all’età, né al sesso, né alle idee politiche, né all’appartenenza a questo o quel sindacato.
Potrò sembrare cinico, ma mi domando perché non riscrivere l’art. 18 in modo da far entrare nel mondo del lavoro i giovani “meritevoli” e farne uscire, invece, i lavoratori “scansafatiche” ?